25/10/2023

AMOR di Virginia Eleuteri Serpieri
Un atto d’amore per chi resta

Quanto da vicino possiamo osservare il mondo dei morti senza esserne inghiottiti? A partire da questo interrogativo inconfessato Virginia Eleuteri Serpieri costruisce un racconto sulla vita e sulla morte, sulla persistenza e sulla fascinazione segreta che la morte esercita sul mondo dei vivi. Amor, presentato Fuori Concorso all’80ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia, è un documentario autobiografico che nasce da un accadimento drammatico: il suicidio della madre della regista.

Nel 1998, in una notte d’estate in cui Roma pare addormentata, Teresa esce. C’è la finale della Coppa del Mondo, la vita si agita nelle case, per le strade -invece- non c’è nessuno. Lei percorre -per l’ultima volta- le vie del centro, poi si avvicina al Tevere e si abbandona alla corrente. Sparisce in fretta. Virginia, nella stessa notte, percorre più velocemente che può tutte le strade di Roma in cui pensa di poter trovare la madre. Non la trova, non può trovarla più. Ormai Teresa non c’è più, l’acqua l’ha trascinata verso Amor, “il pianeta della cura”.

C’è qualcosa che però connette Amor a Roma, l’universo di chi affonda a quello di chi resta a galla: l’acqua. Virginia Eleuteri Serpieri per anni -la genesi del film risale al 2018- si è messa in ascolto, ha dato voce all’acqua che scorre nei condotti, che sgorga dalle fontane, che straripa dai tombini, che passa sotto i ponti, che allaga le piazze. Che bagna le rive del fiume. In un film in cui le uniche presenze umane, Teresa (Odetta Tunyla) e Virginia, restano sempre sullo sfondo e di spalle, l’acqua domina il racconto. L’acqua scorre e lascia tracce. Spetta a chi resta provare a rimettere insieme i frammenti, ricostruire una storia -una vita- a partire dai detriti. La regista lavora per accumulo: accompagnata dalle musiche oniriche di Martynas Bialobżeskis e dalla narrazione poetica affidata alla voce fuoricampo di Laura Riccioli, Eleuteri Serpieri costruisce un percorso visivo fatto di cartoline sbiadite e immagini scattate ai tempi della pandemia, di monumenti magnifici e oggetti quotidiani brutti.

Il tempo rallenta, si dilata quando ci si immerge nello stream of consciousness dell’autrice. La raffinatezza dello stile di Eleuteri Serpieri non travolge mai. Non un flusso autobiografico violento ma una delicata ricerca di condivisione e conforto. La narrazione non ruota attorno al suicidio ma indaga i meccanismi della memoria sgretolata. L’opera di ricomposizione spetta a chi resta. Amor è un film per i vivi.

Francesca Schinzani