18/11/2023

Daaaaaali!. Come Quentin Dupieux stravolge il biopic

Il genere biografico è da sempre appartenuto al cinema ma negli ultimi anni la moda del biopic è diventata dilagante. Lungi dall’essere un esercizio critico volto all’approfondimento di un soggetto storico o contemporaneo degno di nota, il biopic si è piegato alle logiche mediatiche o - ancora peggio - è servito per alimentarne delle nuove. Così, negli ultimi anni i film su Leonardo, Tintoretto, Caravaggio e Van Gogh, limitandoci ai casi più popolari, hanno provato a raccontare la vita e l’opera di artisti sempre più tormentati.

Nello stesso anno di Daliland di Mary Harron, Quentin Dupieux torna a Venezia nella sezione Fuori Concorso con Daaaaaali!. Il film del regista francese però non ha niente a che fare con la narrazione diacronica della parabola artistica del celebre surrealista, semmai ne descrive lo stile di vita. Una vita grandiosa, troppo grande per essere messa in scena da un attore soltanto: Gilles Lelouche, Édouard Baer, Jonathan Cohen, Pio Marmaï e Didier Flamand sono tutti Dalì. Al posto di creare un’aura magica, Dupieux frantuma e dissemina l’immagine iconica del pittore.

Daaaaaali! è un loop infinito. Lo afferma il regista, in questa occasione anche sceneggiatore, direttore del montaggio e della fotografia. Questo loop infinito è costruito attorno a una serie di sketch esilaranti in cui, oltre all’ovvia presenza di uno dei Dalì, ritorna una figura femminile. L’intera narrazione, che non smette di disorientare e confondere, segue i tentativi falliti di una giornalista inesperta (una sorprendente Anaïs Demoustier) di realizzare un’intervista a Salvador Dalì. Guardando con ironia allo stile documentaristico, il regista prova a tratteggiare un ritratto dell’artista; non prendendosi mai troppo sul serio, i Dalì di Dupieux si permettono di essere ridicoli, esagerati e parodici.

È un film che non vuole approdare da nessuna parte. La riproposizione cinematografica della Fontana necrofila che scorre da un pianoforte a coda (1933) apre e chiude la pellicola. Dupieux, intrappolandoci in questo ciclo sconclusionato, ci diverte. In questo pomeriggio veneziano sembra quasi di aver incontrato il grande Dalì.

Francesca Schinzani