29/09/2022

MASTER GARDENER di Paul Schrader

Paul Schrader, Leone d’oro alla carriera 2022, torna a Venezia, sezione fuori concorso, con un film dall’esordio accattivante.
Master Gardener tratta la storia di un orticoltore, Narvel Roth, protagonista molto credibile grazie all’interpretazione di Joel Edgerton: un uomo metodico, calmo, dalle emozioni visibilmente represse, un maniaco della routine dall’atteggiamento quasi robotico. Dietro questo ossessivo controllo si cela una motivazione oscura, il senso di colpa è padrone della sua vita.

Altro personaggio fondamentale è Norma Haverhill, una magistrale Sigourney Weaver: elegante, misteriosa, decisa tanto da essere dispotica, la scena nella prima parte è sua. Arriva poi Maya (Quintessa Swindell), nipote di Norma, ragazza dal passato difficile. Dal suo avvento il film, purtroppo, cade nel cliché: la trama, così come l’immagine, perde quell’alone di mistero che teneva alta l’attenzione. Nonostante questo graduale ma tangibile abbassamento di livello, la storia coinvolge ed assume anche un significato interessante, che può essere interpretato in due diverse chiavi.

Dal punto di vista morale Schrader ci invita ad una riflessione sulla possibilità di redenzione, ma è soprattutto la lettura sociale a calare l’opera nella realtà odierna. La bravura del regista sta nel non dare giudizi, né tantomeno risposte. Sebbene il film abbia questa radicata valenza legata alla contemporaneità, al razzismo, al reinserimento nella società di persone con un passato burrascoso, c’è una componente surreale.
Essa emerge ogni volta che, con intento chiaramente metaforico, lo schermo si riempie di fiori, quasi come in un documentario sulla botanica.

Altro elemento fondamentale è poi l’amore, che appiattisce il film nella trama ma al contempo manda un messaggio positivo: sembra infatti quasi che Schrader voglia lanciare un appello all’amore, sia esso per una persona o per un’attività. È l’amore che salva dal buio, della psiche e del mondo.
La società rappresentata è quella della provincia americana, ancora legata a un tempo ormai passato. È un’America violenta, spietata, dove ciò che c’è di più bello può essere distrutto da un momento all’altro.
Un’opera ben realizzata dunque, soprattutto dal punto di vista visivo, ma con uno svolgimento un po’ scontato: un maggiore focus su determinati elementi, soprattutto di tipo psicologico, avrebbero certamente dato più credibilità al film.

Isabella V. Fleri