23/09/2022

MONICA di Andrea Pallaoro

Dopo anni passati lontano dalla famiglia, Monica torna a casa per prendersi cura della madre malata. Quella stessa madre con cui non ha più contatti e che ora, a causa della sua patologia, nemmeno la riconosce. Monica è appena uscita da una lunga relazione e le ferite e insicurezze del presente si fondono con quelle del passato, il cui dolore e impatto si riacutizzano non appena torna in quel mondo che ha abbandonato – e dal quale è stata abbandonata – quando era ancora un’adolescente. Mentre impara a prendersi cura della madre, Monica intraprende un percorso di consapevolezza, affermazione di sé e perdono.

Andrea Pallaoro parte da uno spunto personale – la sua stessa difficoltà nell’affrontare la malattia della madre – per raccontare una storia che parla di rifiuto, di abbandono, di legami e rinascita. Tutte le trame, gli echi narrativi ed emotivi confluiscono nella figura di Monica, portata in scena con garbo, delicatezza e intensità da Trace Lysette. Di pari passo con lo sviluppo di una sceneggiatura che scopre a poco a poco le sue carte, la macchina da presa altrettanto gradualmente ci mostra Monica poco per volta. Sono diversi i momenti, soprattutto all’inizio del film, in cui la protagonista è ripresa di spalle, in primo piano ma col volto in ombra, di tre quarti, spesso “schiacciata” da inquadrature che comunicano insieme intimità e un soffocante senso di straniamento.

Monica rimane un mistero per chi guarda, fino al momento in cui scopriamo le ragioni profonde della malinconia e della solitudine che emanano dal suo sguardo e dal suo modo di relazionarsi coi membri della sua famiglia. Mentre il personaggio di questa donna, alle prese con la necessità di guardarsi indietro e perdonare per poter andare avanti e guarire, è indagato con profondità anche attraverso la grammatica cinematografica, le altre figure paiono un po’ sacrificate.

Vi è poi una linea narrativa, in particolare, che coinvolge i personaggi del fratello e la cognata di Monica, che è poco più che accessoria e sembra non portare da nessuna parte. Un difetto cui non è difficile passar sopra, in un film che pur partendo da uno spunto non particolarmente originale e senz’altro codificato, lo pratica e sviluppa con grande sensibilità, regalando un ritratto femminile di grande impatto, che si lega con forza alle corde emotive di chi guarda.

Anna Culotta