25/09/2018

SUSPIRIA di Luca Guadagnino

Luca Guadagnino porta alla Mostra del cinema di Venezia il remake di uno dei capolavori dell'horror, virando violentemente dalla linea che sembrava aver preso con gli ultimi lavori compiuti, che si concentravano piuttosto su un'Italia immersa nel sogno. L'ambientazione passa infatti a Berlino, nel 1977, e non mancano i riferimenti alla situazione sociale del tempo, come la pressante presenza del muro, richiamante il tema della divisione e dell'esclusione. Il tutto, poi, è immerso in un autunno dalle tinte livide e dall'atmosfera cupa, in netto contrasto con la luce che permeava l'opera originale di Argento. Guadagnino si separa quindi dall'horror espressionista, preferendo approcciarsi ad un modo completamente nuovo per raccontare l'inquietante trama di questo film.

La storia è nota: la ballerina Susie Bannion, interpretata da Dakota Johnson, si trasferisce dagli Stati Uniti per entrare in una prestigiosa scuola di danza, che nasconde tuttavia terribili segreti, svelati man mano dalle indagini e dagli incubi delle studentesse. Alcune di esse, tuttavia, scompaiono prima che venga loro presentata l'occasione di parlare, e i misteri rimangono perciò tali. Tutto verrà svelato sul finale, in una lunghissima scena da brividi.

Sono proprio brividi quelli che attraversano il corpo durante questo film: le scene raccapriccianti non mancano, a ricordare che si tratta pur sempre di una storia dallo sfondo horror, ma le ossa spezzate e i corpi orrendamente deformati vengono guardati con la lente di un'estetica preziosa e terribile. In una delle scene più intense si vede un parallelo tra la danza di Susie Bannion e quella di un'altra ballerina; peccato che l'ultima stia in realtà venendo torturata, e che il suo corpo assuma pose non umane, decretandone la morte. Ma perché anche questa non può essere considerata una danza? C'è la musica, c'è la sala prove, c'è la luce e c'è una ballerina che si muove nello spazio; qual è la linea di separazione tra bellezza e orrore?

Nella scena finale Susie Bannion urlerà che tutto è così bello, mentre la sala in cui si trovano lei e le sue compagne viene letteralmente inondata di sangue, il cui colore va a mescolarsi alla luce rossastra che domina per un tempo che allo spettatore appare infinito. Danze convulse vanno a sottolineare il rito che si svolge, e di nuovo la bellezza va ad incorniciare l'orrore, fondendosi con esso e portando chi guarda a chiedersi su cosa si basi il concetto di estetica proprio della realtà attuale: si deve mostrare solo la grazia, o anche l'orrido può corrispondere al bello? Il rumore di ossa spezzate e quello di un pianoforte sono così dissimili, quando vanno entrambi a scandire il tempo della danza?

Alessia Rossetto