05/11/2017

Il contagio  di Matteo Brotugno e Daniele Coluccini

“Quelle parole che non m’hai mai detto, nascoste ner core, strozzate ner petto un giorno de questi te verranno a cerca’ e poi te diranno ‘ma che stai a fa’”. Lucilla Galeazzi con il suo brano ‘Quelle parole’, dà voce alle emozioni silenziose dei personaggi de Il Contagio, diretto da Matteo Brotugno e Daniele Coluccini e adattato dall’omonimo libro di Walter Siti.

Una storia corale ambientata nella Roma delle borgate ove s’intrecciano le vite di diversi protagonisti; all’apparenza gente comune, “normale”, coppie che progettano il futuro, madri e figli, esistenze vicine e fragili a tal punto da farsi contagiare dai virus più profondi dell’animo umano. Il condominio in cui vivono è il luogo dove tutto inizia e tutto ha fine. Il piano sequenza d’apertura s’insinua lentamente tra di loro, permette allo spettatore di avvicinarsi, ma non toppo, ai sorrisi e alle chiacchiere di uomini e donne osservati nella loro quotidianità. Ma i sorrisi sfoderati sui pianerottoli nascondono esistenze travagliate, amori difficili e inspiegabili, desideri di rivalsa.

Cercando di non tradire il romanzo, Brotugno e Coluccini raccontano una parte di Roma attraverso i suoi protagonisti affidandosi a un cast italiano sorprendente: da Vinicio Marchioni che lavora sul personaggio anche con cambiamenti fisici a Vincenzo Salemme nel drammatico ruolo di un intellettuale omosessuale e di narratore. Lui che, come Caronte, naviga verso un climax crescente di morte e disperazione. Un racconto dai tratti pasoliniani sull’analisi degli eventi drammatici che scandiscono le vite di chi fatica a divenire artefice del proprio destino, di vittime inconsapevoli che si perdono in scelte sbagliate dettate dal desiderio di ottenere sempre di più. Un’epidemia che non ha cura e che finisce col contagiare un’intera specie.

Giulia Sterrantino