14/10/2017

Ammore e malavita di Manetti Bros

Videoclip, televisione, cinema e molto altro ancora. Sono i Manetti Bros, coppia di registi che ha fatto della poliedricità il suo biglietto da visita. Dopo Song’e Napule (2013) i fratelli approdano in concorso alla 74° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia con Ammore e malavita.

Film diversi ma con elementi comuni: Giampaolo Morelli, Serena Rossi, Carlo Buccirosso, ma soprattutto la città di Napoli. Un boss della malavita si ritrova coinvolto in un agguato dal quale riesce a uscirne quasi indenne. Decide così insieme alla moglie, appassionata della saga di James Bond, di fingersi morto inscenando un finto funerale. Ma una serie di coincidenze inaspettate saranno d’intralcio alla coppia nel raggiungimento dello scopo.

Una trama lineare ove quell’ “ammore” citato nel titolo, alla fine vince sempre, nonostante le difficoltà. Una pellicola fresca, divertente, fatta di genuine risate, nella quale si canta e si balla anche stando seduti sulla propria poltrona. E tra un morto che canta da dentro la sua bara, un’infermiera che trasforma ‘what a feeling’ in ‘l’ammore overo’ e un gruppo di zombie che, da una scogliera, danzano omaggiando il Michael Jackson di Thriller, si percepisce come lo scopo dei Manetti fosse proprio quello di concentrarsi verso un genere ben preciso: il musical.

Un omaggio, dunque, ed anche una rivisitazione in chiave moderna della sceneggiata napoletana, riproposta in Ammore e malavita con le musiche di Pivio e Aldo De Scalzi. E se le canzoni sono il motore narrativo dell’intera vicenda, il linguaggio è la struttura portante, la chiave di volta che dà ritmo al film. E così che suono e idiomi della lingua napoletana divengono con naturalezza espressione dei personaggi di Ammore e malavita, permettendo allo spettatore di catapultarsi in una città nella quale tradizione e modernità si fondono.

Giulia Sterrantino