15/11/2016

RAI (PARADISE) di Andrei Konchalovsky

Andrei Konchalovsky, fratello del celebre cineasta Nikita Michalkov, è un importante regista e sceneggiatore che ha diretto numerosi film fin dagli inizi della sua carriera, nel 1960. Ha anche lavorato negli Stati Uniti (“A 30 secondi dalla fine”, “Tango e Cash”) ma spesso è tornato nella sua amata Russia per girare i suoi progetti. Come ad esempio nel 2002 quando ricevette un Gran Premio Speciale della Giuria per “La casa dei matti”, e ancora nel 2014 ottenne il Leone d’Argento per “Le notti bianche del postino”. A Venezia 73 ha presentato in concorso il suo ultimo lavoro “Rai (Paradise). Il tema è quello dei tragici destini individuali nel tritacarne della Storia (come nel “Proiezionista”), in questo caso si racconta della Shoah. C’è Olga (Yuliya Vysotskaya, nella vita moglie del regista) un’aristocratica russa, che milita nella resistenza francese ed è particolarmente attenta alle sorti dei bambini ebrei. Un giorno verrà arrestata e finirà negli uffici della polizia francese dove incontrerà Jules (Philippe Duquesne). Questi è un collaborazionista, descritto nella sua vita privata come un buon padre di famiglia con una bella moglie e un figlio piccolo al quale è legato. L'uomo però è affascinato da Olga, ed è disposto ad alleggerirle la cattiva sorte in cambio in cambio di un rapporto sessuale. La donna è pronta a tutto pur di evitare una crudele persecuzione, ma ben presto la sua speranza di liberazione svanisce e le vicende prenderanno una piega del tutto inattesa. Olga, infatti, verrà portata in un campo di concentramento e la sua vita diventerà un vero inferno. Inaspettatamente, nel campo la donna ritroverà Helmut (Christian Clauss) altolocato ufficiale tedesco delle SS, che una volta, prima della guerra, durante un soggiorno felice in Toscana si era irrimediabilmente innamorato di lei e non l’aveva dimenticata. Tra i due nascerà una relazione e quando i russi saranno alle porte del campo, Helmut deciderà di salvare Olga e di fuggire con lei. Alla donna la libertà sembra quasi impossibile, ma con l'andar del tempo e con l'avvicinarsi alla sconfitta dei nazisti la sua immagine del Paradiso inizia, ineluttabilmente, a cambiare. La pellicola, girata in un nitido bianco e nero per dare il senso della crudeltà della guerra e dell’Olocausto, è strutturata come una confessione resa dai tre protagonisti singolarmente davanti a una macchina da presa. Seduti a un tavolo, raccontano a un invisibile intervistatore le loro vite, le loro emozioni e i loro pensieri che hanno mosso le loro azioni: dalla disperata volontà di Olga di sopravvivere, alle giustificazioni del collaborazionista parigino, fino alle illusioni della supremazia tedesca del nazista. Il loro destino è segnato; non c’è nessuna giustificazione, nessun riscatto. Sono solo figure di perdenti, ognuno alla ricerca di un vano paradiso dove lasciarsi alle spalle tutto. La giuria di Venezia 73 ha assegnato film di Konchalovsky il Leone d’Argento – premio per la Migliore Regia, ex aequo con “La Región salvaje” del messicano Amat Escalante. Andrea Curcione