04/10/2024
Aïcha di Mehdi Barsaoui
Un’occasione di una nuova vita le si palesa davanti, in un’espediente pseudo-pirandelliano, quando il minivan che prende per recarsi a lavoro accosta per dare un passaggio ad una donna e successivamente viene coinvolto in un incidente. Aya è l’unica superstite, tuttavia, viene creduta morta. Da qui la decisione di prendere in mano la propria vita trasferendosi a Tunisi, città nella quale crede di poter ricominciare da capo, in un tentativo disperato di emancipazione.
Trova fin da subito quella normalità e la vita mondana a cui da tanto anelava: un appartamento, una coinquilina, che diviene confidente e compagna di uscite e degli amici. La situazione però ben presto precipita. È coinvolta in una rissa in discoteca, evento che metterà a rischio la sua nuova vita e che evidenzierà le storture della società nella quale vive.
Due, infatti, sono i temi enucleabili attorno ai quali si sviluppano le vicende. Uno è sicuramente la condizione femminile, in costante stato di subordinazione, è obbligata a dover mentire sotto pressione e patire abusi. Altro focus è la forte critica alla corruzione della polizia, incapace e disinteressata ad agire contro i veri responsabili dei crimini. Rilevante, inoltre, il ruolo che i social ricoprono nella volontà popolare che reale giustizia sia fatta.
La pellicola, afferma il regista, è ispirata ad un fatto di cronaca del 2019 di una donna che, coinvolta a sua volta in un incidente, si è finta morta per testare l’amore genitoriale. Il resto poi è scaturito dalla sua penna, prendendo spunto anche da ulteriori fatti di cronaca e da vicende della Primavera araba. Da qui evidente l’intento di Mehdi Barsaoui di parlare della sua Tunisia, animandola di personaggi contrastanti e arricchendola con diversi spunti interessanti, forse fin troppi. La pellicola pone in evidenza tematiche di rilievo che però in alcune parti avrebbero avuto bisogno di un ulteriore sviluppo.
Nel complesso i colpi di scena, oltre che la bravura degli attori, intrattengono lo spettatore per tutta la sua durata, e, nonostante le piccole pecche nello sviluppo narrativo, offre comunque un’interessante opportunità di riflessione.
Cristina Di Maria