08/11/2023

LA BÊTE di Bertrand Bonello

Una storia semplice: due persone destinate ad incontrarsi ancora e ancora, un amore che sboccia in qualsiasi epoca ed in qualsiasi circostanza. La prima parte della narrazione è ambientata nella Parigi dell’alluvione della Senna (1910), qui conosciamo i personaggi e capiamo la grandezza della passione che li coinvolge. Un salto temporale ci porta nel 2014, in quella che potremmo definire la nostra modernità, dove ritroviamo gli stessi individui, che in qualche modo tornano l’una dall’altro come collegati dal filo rosso del destino.

La vera svolta avviene quando Gabrielle (interpretata da Léa Seydoux), è posta di fronte alla possibilità, in un futuro distopico (2044), dove con l’estensione del potere della tecnologia i sentimenti sono diventati un ostacolo, di purificare il suo DNA e liberarsi dalla capacità di provare sentimenti forti. Questo è l’elemento di novità che Bonello decide di inserire nella sua opera, proprio nel momento in cui la conversazione sull’intelligenza artificiale e sull’uso che se ne potrebbe fare, anche in campo cinematografico, è più che mai attuale.

Un film acclamato dalla critica, che in gran parte tifava per il Leone d’oro, ma passato inosservato alle premiazioni di Venezia 80. Tensione, frasi non dette, silenzi e profezie, gioca sulla suspense ed è pervaso da un’atmosfera mistica, particolarmente frutto del lavoro della montatrice Anita Roth, che sembra aver preso liberamente ispirazione dal cinema moderno francese che voleva rendere il più visibile possibile il linguaggio agli occhi dello spettatore.

Questo fa da cornice alle suggestive performance di Seydoux e George MacKay (Louis), attore londinese che subentra dopo la morte improvvisa di Gaspard Ulliel, originariamente pensato per il ruolo e che ha così la possibilità di dare dimostrazione del suo ottimo francese. Alla fine del film lo spettatore si troverà travolto dal vortice dei due amanti rischiando di rimanere intrappolato nella tensione emotiva della scena finale.

Asia Ferrante