07/12/2022

EISMAYER di David Wagner

Un film è un buon film quando riesce nei suoi intenti narrativi e creativi, ma questo potrebbe non bastare. Il cinema non esiste senza la sua capacità di creare nuovi immaginari, ma oltre a questo, deve mostrarsi anche capace di condurre lo spettatore a nuove riflessioni e a nuove forme di pensiero, altrimenti finirebbe per esser in definitiva, dimenticato.

Ora Eismayer è un film che nasce ispirandosi ad una storia vera, quella che appartiene al sergente maggiore Charles Eismayer e al maggiore Mario Falak. La camerata, il contesto militare, diventa lo scenario ideale e necessario a David Wagner per narrare una storia dolce, umana e semplicemente bella. Una storia che mette al centro l’esperienza così come la personalità di Eismayer, che nel corpo militare austriaco, è considerato essere uno dei vice tenenti più severi e temuti.

L’ordine e la disciplina che il superiore impone ai suoi cadetti sono ciò che in fondo il protagonista esercita rigidamente anche su se stesso, un po’ come se volesse, o peggio dovesse, trattenere parti di sé che rischierebbero altrimenti di finire fuori controllo. La scelta del regista, di restare accanto al personaggio per tutta la durata del film, permette allo spettatore di entrare silenziosamente nella sfera più intima ed emotiva di Eismayer, svelandone così man mano i suoi caratteri personali e più fragili.

Ma il ritmo del film non viene a dettarsi solo attraverso i meravigliosi suoni che sono da ricondurre ai movimenti cadenzati del contesto militare, c’è anche un ritmo narrativo che si scandisce attraverso gli incontri e scontri che avvengono tra Eismayer e Falak. La sensazione che si ha ad un certo punto della narrazione è che più i due si fiutano e si conoscono, più la personalità di Eismayer emerge manifestandosi incondizionatamente.
A questo proposito la bellezza e la credibilità del film risiedono anche nell’interpretazione donataci da Gerhard Liebmann, che sul grande schermo è stato capace di restituire un personaggio estremamente umano. Un’umanità che Liebmann inscena anche attraverso i modi impacciati di Eismayer nel fare i conti con la propria sessualità, e soprattutto con il sentimento provato nei confronti di Falak.

Per essere il primo lungometraggio, David Wagner realizza un’opera ben compiuta a cui non manca niente. L’aspetto più interessante è che Eismayer si presenta da subito come un film semplice, pulito e riuscito, che fa a meno di quelle eccessive complessità narrative o stilistiche che conducono spesso i film ad essere incompiuti e poco chiari. Nonostante le forme sono semplici ed esaustive, la tematica che viene trattata si fa estremamente delicata, oltre ad essere molto dibattuta ed affrontata negli ultimi anni dalle realtà che sono promotrici di cultura e di cambiamento.

Una tematica che non si riduce solo a trattare di una questione legata all’omosessualità e alle controversie che ne derivano a causa di istituzioni che spesso mantengono forme ancora troppo conservatrici. È una condizione quella di Eismayer che è capace di abbracciare qualcosa di ancora più universale: si tratta del comune timore di sentirsi liberi, di poter essere sinceri a se stessi quanto con gli altri, una condizione che spesso ci porta a nasconderci per paura di essere giudicati o peggio ancora di non essere accettati.

Aline Vincenzi