25/10/2022

RED SHOES di Carlos Eichelmann

Avete presente la celebre opera formata da decine di scarpe rosse disposte per terra nelle piazze di tutto il mondo? Si tratta di Zapatos rojos, dell’artista messicana Elina Chauvet. Questa installazione è stata replicata nelle più importanti città del mondo, fino a diventare un potentissimo simbolo della lotta contro il femminicidio. È proprio da quest’opera che prende il nome Red Shoes, ottimo esordio del regista messicano Carlos Eichelmann.
La violenza rappresentata nel film non viene gridata, ma raccontata con un filo di voce: è la storia di Rosita, brutalmente uccisa in circostanze misteriose, quella di Damiana, giovane donna fuggita dalla violenza machista del suo paese e costretta poi a prostituirsi a Città del Messico, e di moltissime altre donne ancora senza nome.
Il film si apre con una lunga sequenza ambientata in un’area rurale del nord del Messico, dove Artemio, un anziano contadino, conduce un’esistenza solitaria dedita al lavoro. Quando riceve la notizia della morte di sua figlia Rosita, con cui non aveva contatti da anni, va a recuperare la salma a Città del Messico, dove trova in Damiana una guida e un conforto nel suo spaesamento fisico ed emotivo.
Il film pecca di eccessiva lentezza narrativa, controbilanciata però dall’impeccabile interpretazione del protagonista (il che è sorprendente se si pensa che Eustacio Ascacio non è un attore professionista). A fargli da comprimaria troviamo Damiana, interpretata da Natalia Solián, un’attrice di grande talento di cui sentiremo parlare in futuro. Il suo dialogo finale con Artemio da solo vale il film.

Marta Galeotti