18/10/2022

MUSIC FOR BLACK PIGEONS di Jørgen Leth e Andreas Koefoed

Music for black pigeons, diretto da Jørgen Leth e Andreas Koefoed, è stato presentato a Venezia 79 nella sezione Fuori concorso.
È un docufilm sul jazz, ma non solo: si parla della vita, del perché i musicisti suonino, di quale significato abbia per loro fare musica. L’opera segue con particolare attenzione il chitarrista danese Jakob Bro: dal momento creativo della composizione, alla sala prove, ai concerti, il tutto per 14 anni.

Intorno a lui numerose altre figure, dalle più note, alle meno conosciute. Troviamo perfino Manfred Eicher, capostipite dell’ECM Records. È un percorso di ricerca musicale ed esistenziale: emblematiche le interviste a Thomas Morgan, Joe Lovano e Midori Takada.
In alcune scene emerge la poetica di Jørgen Leth, riconosciamo il suo modo di girare: spia, segue da vicinissimo e racconta, anche ciò che dovrebbe rimanere nascosto.

Se, insieme a Lars von Trier, ne Le cinque variazioni Jørgen Leth cerca un limite tecnico e tenta di superarlo, qui, quando ci si trova dinnanzi al confine delle parole, si arriva alla musica: si entra nello studio di registrazione per sentire suonare i musicisti insieme per la prima volta, si assiste ad un processo sempre nuovo, mai uguale.
In quest’opera si viaggia incessantemente per il mondo: dalla fredda Copenaghen al Giappone, passando per la città dinamica per antonomasia, forse la più musicale di tutte, New York.

Ed è proprio qui che troviamo Lee Konitz: non apprezza subito la musica di Bro, la sente distante, forse patisce lo stacco generazionale. Lee Konitz è musica personificata, ritmo, improvvisazione: il suo modo di parlare, di ironizzare sulla sua stessa vita, ci fanno comprendere l’influenza del jazz sulla sua personalità.
Scomparso nel 2020, il film è dedicato a lui e a tanti altri musicisti jazz, tra cui Tomasz Stanko, che appare in qualche scena della pellicola e a cui Jakob Bro ha dedicato un brano. Vengono, inoltre, mostrate le foto di artisti come Nina Simone e John Coltrane.

È un omaggio sincero, un ringraziamento puro, che dai registi passa attraverso i musicisti che hanno preso parte al film ed arriva allo spettatore facendolo partecipare, ricordando quanto la musica possa appartenere ad ognuno di noi. Un’opera che a Venezia, e probabilmente nelle sale, passa volutamente inosservata, ma che lascia un segno in chi la guarda.

Isabella V. Fleri