10/10/2022

WHITE NOISE di Noah Baumbach

Dopo Storia di un matrimonio il regista Noah Baumbach torna alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e porta in concorso White noise, basato sull’omonimo romanzo di Don DeLillo del 1985.
Ci troviamo negli Stati Uniti d’America, per essere più precisi nel Midwest, degli anni Ottanta. Protagonista indiscussa è la famiglia Gladney composta da Jack, professore universitario e massimo esperto della figura del führer (anche se non conosce una parola di tedesco), Babette, una trainer per anziani che soffre di strani vuoti di memoria, e i rispettivi figli nati anche dai precedenti matrimoni dei due. La loro routine viene stroncata subitaneamente da un’esplosione di un treno merci che libera una minacciosa nube tossica.

Adam Driver, Greta Gerwig e Don Cheadle sono solo alcuni degli attori che ci offrono un’incredibile performance, che collabora a rendere il ritmo del film incalzante ed estremamente teatrale: a testimonianza di ciò la scena più lampante è quella dell’incidente tra il TIR e il treno, che viene magistralmente sovrapposta dal responsabile del montaggio, Matthew Hannam, alla lezione a due tenuta dai professori Jack Gladney e Murray Siskind.
Notevole e senza ombra di dubbio degna di nota è anche la fotografia, in particolare nella scena del sogno è improbabile non notare quello che potrebbe essere, più o meno volutamente, un omaggio a Les Amants di René Magritte, ma in questa stessa scena sono di fondamentale importanza anche le luci e i colori, che giocano un ruolo chiave all’interno dell’intera pellicola.

White noise rimane sempre piuttosto fedele al suo omonimo cartaceo, ragion per cui lo spettatore che non si è mai imbattuto nel libro potrebbe riscontrare delle difficoltà nell’immergersi completamente nell’atmosfera costruita e nel carpire anche le più piccole sfumature, come la cronaca dell’assurdo riservata all’istituto della famiglia, culla della disinformazione mondiale, la paura della morte, il motore immobile del film oppure anche la critica all’esasperato consumismo statunitense. Si può dire come faccia quasi paura vedere, nelle scene ambientate al supermercato, tutti quei prodotti dai colori sgargianti perfettamente allineati sugli scaffali.

Sofia Palmeri