10/10/2022

KHERS NIST – GLI ORSI NON ESISTONO di Jafar Panahi

È stato presentato in concorso a Venezia 79 quasi alla vigilia della chiusura della Mostra Khers Nist – Gli orsi non esistono, l’ultimo atteso film di Jafar Panahi (11 luglio 1960) appassionato regista, attore e sceneggiatore iraniano, costretto a dover lavorare in patria in semi-clandestinità perché le sue drammatiche e realistiche storie di vita quotidiana fotografano un Iran che disturbano l’oppressivo Stato teocratico tuttora al potere. Panahi non ha potuto presentare il suo film a Venezia in quanto arrestato e imprigionato insieme ad altri suoi due colleghi cineasti, Mohammad Rasoulof e Mostafa Aleahmad, per aver espresso delle idee contrarie al regime.

Gli orsi non esistono è uno straordinario lavoro che porta a riflettere sul legame tra cinema-finzione e realtà. Nel film si racconta di un regista (lo stesso Panahi) che sta girando un film. Gli attori e la troupe sono al confine turco; lui li dirige via computer da un remoto villaggio di pastori nel cuore dell’Iran dove la connessione internet e quella dei cellulari è difficoltosa. Il film che sta girando narra di una coppia di oppositori al regime che tenta per l’ennesima volta di espatriare illegalmente dal paese.

Nel frattempo, il regista nel villaggio è coinvolto in una diatriba locale per via di una foto che avrebbe scattato a due fidanzati clandestini, compromettendo così di fatto le nozze già decise per la ragazza con un altro promesso sposo. Ecco che il regista si troverà a fare i conti con una vicenda frutto di ignoranza e antiche tradizioni e superstizioni che lo porteranno a dover giurare davanti all’autorità locale e ai saggi del villaggio in una sorta di processo farsa di non aver immortalato i giovani con la sua fotocamera. Questo intreccio di ruoli delle due coppie - quella finta del film e quella del villaggio - con al centro la figura del regista, condurranno lui stesso a smarrire la propria identità, quasi una metafora dello stesso Panahi alle prese con i limiti della ottusa giustizia iraniana che sfocerà in un risvolto drammatico.

Il film di Panahi risulta perciò una denuncia poco velata sulla condizione degli iraniani sotto un regime ignorante, medioevale e repressivo. E con un’applaudita e lunga standing ovation è stato assegnato al film il Premio Speciale della Giuria, dove pesava l’assenza dell’autore; un gesto per tenere alta la protesta per la sua liberazione e per tutti gli altri registi e intellettuali reclusi nelle carceri iraniane.

Andrea Curcione