26/09/2022

INNOCENCE di Guy Davidi

L’arruolamento militare nel paese più militarizzato del mondo, dove il servizio militare dura per ben tre anni viene coraggiosamente raccontato in Innocence di Guy Davidi.
Il titolo che rimanda all’innocenza perduta e violata, si interroga sulla legittimità o meno di infliggere un obbligo che viene venduto come necessario, ma che di fatto distorce la natura umana, addestrando le persone nell’arte di andare a sparare ad altri esseri umani.

Inizia così il recupero della memoria di quei bambini che non hanno accettato questa imposizione e pur essendo stati costretti ad arruolarsi hanno continuato a manifestare la loro dissidenza e la loro intolleranza nei confronti delle violenze assistite e subite, fino ad arrivare al suicidio per poterne uscire.

Il film mette il dito su una piaga importante, la necessaria difesa di Israele si regge sulla retorica e l’imperativo della leva militare; Guy Davidi analizza tutto il percorso nel quale, gli stessi genitori, sono portati a ritenere fondamentale questo passaggio, arrivando di fatto alla possibilità del sacrificio dei propri figli in nome di tale principio. Il tema della sopravvivenza di Israele è centrale, ma lo è anche quello della veridicità della narrazione che sottende alla militarizzazione perenne dello Stato di Israele.

Come dice lo stesso regista: “Quando sono uscito dall'esercito, sono andato a studiare alla scuola di cinema. Ero così segnato da quell’esperienza che mi sembrava che tutto ciò che mi circondava fosse come nell’esercito”.
L’impossibilità di disertare viene percepita così da alcuni come una sentenza di morte, mentre nel contempo la politica tesa alla salvaguardia del motto “si vis pacem para bellum” (se vuoi la pace prepara la guerra) apre alla domanda: come si concilia la costruzione di un futuro, anche economico, di pace, continuando ad investire in scenari di guerra?

Sarah Revoltella