25/10/2021

Leave No Traces  di Jan P. Matuszynski

Secondo lungometraggio di finzione del regista polacco Jan P. Matuszynski, Leave No Traces, presentato in Concorso a Venezia 78, si basa su una storia vera. Maggio 1983: in Polonia è in vigore la legge marziale, imposta dalla Repubblica Popolare per annientare gli oppositori politici guidati dal movimento Solidarnosc. Il 12 maggio il diciannovenne Grzegorz Przemyk, figlio di Barbara Sadowska, poetessa dissidente legata a Solidarnosc, esce con il suo amico Jurek Popiel per festeggiare il diploma nel centro di Varsavia.

I due vengono fermati dalla polizia e quando Przemyk si rifiuta di mostra il documento di identità sono condotti in commissariato. Lì subiscono una brutale aggressione da parte degli agenti, che si accaniscono in modo particolare su Grzegorz. Lo prendono a calci, ripetutamente, sulla pancia, così da non lasciare tracce. Grzegorz muore dopo due giorni di agonia a causa delle lesioni gravissime riportate agli organi interni. La madre Barbara e l’amico Jurek iniziano una battaglia per la giustizia contro uno Stato che fa di tutto per insabbiare la vicenda e proteggere i colpevoli.

Leave No Traces è un film duro, potente, dettagliato nel suo racconto quasi cronachistico. Matuszynski, si sofferma con dovizia di particolari su ogni passaggio della storia, concentrando l’attenzione soprattutto sul personaggio di Jurek Popiel. Dal primo atto in poi, il punto di vista offerto è prevalentemente quello di Jurek, mosso da desiderio di giustizia e voglia di vendicare l’amico. Jurek, interpretato dal bravo Tomasz Zietek, è l’unico testimone dei fatti, impegnato in una lotta che vede schierati contro di lui i vertici di uno Stato che fa di tutto per screditarlo. La storia si concentra, soprattutto nella parte centrale, sulle conseguenze personali che Jurek deve affrontare; solo, costretto a isolarsi, senza alcun appoggio da parte della famiglia. L’attenzione rimane alta, mentre Matuszynski muove la narrazione entro due binari: quello della vicenda pubblica e politica e quello della dimensione personale e privata, sempre con equilibrio.

A tratti simile a un legal movie, grazie anche a un montaggio ritmato ed efficace, Leave No Traces immerge nelle dinamiche di un regime che opprime ed estende il suo controllo in maniera capillare, a macchia d’olio, senza lasciare scampo. Magari senza inventare nulla a livello di linguaggio cinematografico, ma con sincera passione e urgenza, Leave No Traces ha il merito, proprio del cinema civile, di far conoscere una storia tragica e poco nota. Una storia che richiama alla memoria simili vicende nostrane, altrettanto dolorose. Un film teso e angosciante, asciutto e senza retorica, con ottime interpretazioni da parte del cast e una regia sempre puntuale, fra largo uso della camera a mano e inquadrature al servizio della narrazione e delle sue intenzioni. Un film che lascia il segno, assolutamente da vedere.

Anna Culotta