11/10/2021

BECOMING LED ZEPPELIN di Bernard MacMahon

Come i Led Zeppelin divennero tali. Come quattro eccellenze, ciascuno nel suo ambito musicale, dopo vario peregrinare in altre band, riuscirono a ritrovarsi e a dare forma a quel fenomeno rock che dal 1968 a tutt’oggi continua a mandare in visibilio intere generazioni di appassionati del genere. In una Sala Grande gremita ove gli astanti sono stati costretti a vedersi sigillati i propri telefonini per scongiurare qualsivoglia intenzione di procacciarsi anche un breve filmato della prima mondiale di “Becoming Led Zeppelin” la sorpresa e l’emozione è stata forte nel prendere fra l’altro atto che la visione del film-documentario sarebbe stata condivisa non solo assieme al regista Bernard MacMahon ma anche al cospetto di sua maestà Jimmy Page, vera anima del gruppo, autore delle più belle melodie e degli indimenticabili riff che hanno contraddistinto le hit della band inglese.
Quattro geni: Jimmy Page alla chitarra (considerato dagli addetti ai lavori fra i primi tre chitarristi di ogni tempo), John Paul Jones alle tastiere e alla chitarra basso, il compianto John Bonham alle percussioni e Robert Plant, the voice. Di ciascuno si ripercorrono le tappe che condussero al definitivo e impareggiabile gruppo finale, i musicisti a cui si ispiravano, i percorsi familiari e tanti aneddoti, sconosciuti ai più; il tutto in una full immersion di immagini di repertorio, gran parte delle quali inedite, rinvenute finanche in dimenticate cineteche australiane come ad esempio quelle che riproducono la voce di Bonham, in dichiarazioni o riflessioni che risalgono ovviamente in periodi antecedenti al 1980 quando morì e la band si sciolse.

Lo spettatore, qualora ancora lucido e se divincolatosi dall’ebbrezza causata dall’inondazione dei più celebri pezzi “live” della band che si ha modo di ascoltare, ha la possibilità fra l’altro di venire a conoscenza di un’infinità di stucchevoli curiosità come ad esempio che il vero cognome del bassista John è Baldwin, poi tramutato nel più musicale John Paul Jones, mutuato dal titolo di un film di avventura del 1959; di come suo padre cercò di dissuaderlo dal suonare il basso perché ritenuto semplicemente uno strumento di moda, passeggero, che nel giro di qualche anno sarebbe stato desueto… o di come lo stesso rimase attonito al cospetto delle tonalità alte a cui riusciva ad arrivare Robert Plant tanto da esclamare: “ehi, ma che ci fai lassù….stai attento a non cadere…”.
E di come il maggior affiatamento nel gruppo fu quello che si instaurò tra Bonham e Plant o di come lo stesso John Paul Jones si rivelò un arrangiatore straordinario riuscendo a capire con largo anticipo sugli altri di quanto formidabile fosse Bonham alla batteria tanto da lasciare nell’ottava sempre mezzo tono libero a disposizione proprio di Bonham ove si incuneava da par suo caratterizzando con rullante e grancassa hit immortali quali, fra le altre, Whole Lotta Love, Ramble On od anche Good Times Bad Times. E a proposito di geni, se è opinione diffusa che i Beatles furono “tre più Ringo Starr”, fra i Led Zeppelin è difficile invece stabilire, se non impossibile, di quale componente il gruppo avrebbe potuto fare a meno senza perdere la propria identità.

Orazio Leotta