05/10/2020

Nowhere Special di Uberto Pasolini

Nella spiegazione di un padre sul senso della morte al figlio di quattro anni, a partire da uno scarabeo morto, c’è tutto il cinema di Uberto Pasolini: parlare delle questioni irrisolvibili dell’uomo come se venissero spiegate a un bambino.
Dopo 7 anni da Still Life, Uberto ritorna a Venezia con Nowhere Special. C’era mancata la regia pulita, minimalista e delicata, l’attenzione per dei personaggi soli con una missione da compiere, la riflessione sulla morte con la grazia della leggerezza, mai superficiale. Ora non è più la discesa nei ricordi di un uomo dimenticato, alla ricerca del pubblico per il suo funerale, ma è una ricerca al futuro, kiarostamiana, di un padre che cerca la famiglia che potrà prendersi cura del figlio quando lui non ci sarà più.

Uberto è un regista tra poesia e Realismo, tra Stephen Daldry e Ken Loach, ma in cui il contesto sociale è solo uno sfondo dei personaggi, mentre l’attenzione rimane quella verso il racconto della morte, questa volta dalla parte di quelli che restano. John incontra una schiera di genitori adottivi, coppie sole che sperano di riempire i loro “vuoti” interiori con un bambino: John deve immaginarli nel futuro, come noi cerchiamo di orientarci nell’incertezza del nostro periodo storico, cercando di vederne aldilà.

Uberto Pasolini crea una sceneggiatura semplice e commovente, senza mai scivolare nella retorica, ma tenendosi sempre sul filo dell’emozione, cercando di far parlare gli sguardi prima che le parole. Su questo hanno grande merito i due attori, James Norton, padre single lavavetri, e il bambino Daniel Lamont, piccolo Enzo Staiola contemporaneo.

Nowhere Special avrebbe meritato di più a Venezia, dalla collocazione in concorso principale a un posto dal Palmarès: ma, distribuito da Lucky Red, siamo sicuri che farà commuovere ancora molti nelle sale italiane.

Alessandro Padovani