05/10/2020
“La troisième guerre” di Giovanni Aloi
E così mentre si sprecano i racconti leggendari di chi è davvero riuscito a beccarsi una coltellata da qualche parte, le azioni meccaniche e ripetute sottolineano il dramma di chi il conflitto lo desidera veramente, fino al punto di innescarlo, per tentare di dare un senso al vuoto della propria esistenza. La generazione dei "loschi", dei possibili attentatori, non sembra differire così tanto da quella dei militari che a conti fatti si drogano come loro, bevono come loro e vanno a letto con le ragazze con disinvoltura, magari solo per riuscire ad estrapolare il trofeo di qualche foto da mostrare ai commilitoni.
Nel dipanarsi sempre uguale di questo tempo che continua a rimandare lo scontro agognato, l'esercito diventa l'unica risorsa, la sola famiglia dove finalmente si può sperare di essere accettati per quello che si è, o che si spera di diventare, perché solo lì è possibile condividere veramente qualcosa. Il taglio monotono del film, dove nonostante l'incalzare degli eventi non accade mai nulla, rivela la follia di un sistema difensivo che progetta lo scontro per consentirsi di sopravvivere. Alla fine Leo riuscirà a sparare, ma a dei ragazzi che stanno soltanto facendo una dimostrazione e che sono disarmati per giunta, da bravo soldato ubbidirà fino alla fine, allineandosi ad un copione che lo vuole programmato per ubbidire e non pensare.
Sarah Revoltella