01/12/2019

Joker di Todd Phillips

È il 1940 quando dalla penna di Bob Kane, Bill Finger e Jerry Robinson nasce il personaggio immaginario di Joker, il clown psicopatico diventato famoso per le sue rivisitazioni cinematografiche e riproposto in una nuova veste alla 76° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia dove ha vinto il Leone d’oro come miglior film.

È il 1981 e per le strade di una degradata Ghotam City si scorge un uomo travestito da clown con un cartello pubblicitario in mano: lui sorride ai passanti nel grigiore della città, mentre il fumo si solleva dalle grate dei sotterranei. È Arthur e, nonostante i sorrisi continui, non riesce a fare breccia nel cuore di chi lo guarda stranito. Tuttavia l’uomo non si perde d’animo: si prende cura dell’anziana madre con la quale vive, coltiva il grande desiderio di diventare un comico famoso e accetta il raro disturbo che lo affligge, una malattia che, in momenti di tensione, lo costringe ad una risata compulsiva, fragorosa, viscerale come se provenisse dalla profondità più oscura del suo animo. O di quello di Joker.

Sarà proprio un episodio di bullismo in metropolitana che spingerà Arthur ad uccidere, trasformandosi in Joker. Da qui inizia l’ascesa della parabola di un antieroe che lentamente si trasforma nel suo alter ego più crudele e affascinante e, che con il nuovo volto di Joker, può affrontare quella società che lo aveva sempre emarginato, diventando paladino di quelli che come lui vivono rilegati ai margini.

Nonostante le precedenti interpretazioni del clown rimaste nell’immaginario comune, Todd Phillips confeziona con questo lungometraggio un’indimenticabile performance di Joaquin Phoenix che, attraverso un importante lavoro fisico e psicologico su se stesso, racconta Arthur Fleck prima di essere Joker, concentrandosi sulla genesi di uno dei cattivi più famosi. Questo ha fatto si che, nell’arco narrativo della storia, Arthur vivesse un’evoluzione negativa trasformandosi da eroe ad antieroe e ribaltando le regole classiche della costruzione del personaggio che prevedono la sconfitta dell’antagonista o la sua redenzione.

L’empatia e la compassione iniziale provata dallo spettatore nei suoi confronti si trasformano in sdegno a causa del suo modus socialmente riprovevole. Tuttavia non è lui il nemico da combattere, ma la società che, vera antagonista silente di questo film, abbandona i suoi cittadini senza assicurare loro sostegno e protezione nei momenti di necessità. Dunque si, forse cattivi si nasce ma è anche possibile diventarlo. Chiunque può trasformarsi in Joker. Nessuno può trasformarsi in Arthur.

Giulia Sterrantino