24/10/2019

Seberg di Benedict Andrews

La stella del cinema francese Jean Seberg, la musa del grande regista Godard nel film manifesto del 1960 "Fino all'ultimo respiro", spesso non viene adeguatamente celebrata. Il regista Benedict Andrews tenta di darle adeguato risalto con un film incentrato su un aspetto fondamentale e forse poco conosciuto della vita dell'attrice: il suo sostegno al movimento per i diritti civili in America delle "Black Panther".

Presentato al festival di Venezia fuori concorso, il film si incentra, in particolare, sulla persecuzione a cui fu sottoposta l'attrice da parte dell' F.B.I a causa dei suoi rapporti con il leader del movimento Hakim Jamal (Anthony Mackie). L'ossessione di essere costantemente controllata la portò a isolarsi dal mondo e ad un tentativo di suicidio, che portò ad un aborto spontaneo; questa fu anche la probabile causa della sua morte prematura a 40 anni.
Jean Seberg è interpretata da Kristen Stewart, la quale, pur riuscendo ad emulare quasi perfettamente l'attrice dal punto di vista fisico attraverso lo stile invidiabile e il taglio di capelli a caschetto, evidenziati da una fotografia dai colori molto accesi, non riesce a dare profondità al ruolo, non aiutata da una sceneggiatura che non riesce a trovare un "focus". Infatti l'attenzione del film si sposta dal suo attivismo politico, alla relazione con Jamal, alla paura dell'F.B.I senza però approfondire nessuno di questi aspetti, riducendo il film quasi a una serie di episodi della vita dell'attrice, staccati fra loro e analizzati con superficialità.  

La regia di Andrews, che ha una formazione teatrale, utilizza moltissimi, forse troppi, primissimi piani del volto della Stewart, in momenti molto drammatici, dove si sforza di rappresentare il dolore e la paura della Seberg. Per quanto ben fatti, i primi piani troppo frequenti nuocciono anche al ritmo del film, che diventa lento e, a tratti, noioso.

Emma D’Este