28/12/2018

The other side of the wind  di Orson Welles

Non avrei mai immaginato di poter dire: “Vado a vedere un nuovo film di Orson Welles”, eppure quest'anno, alla Mostra del cinema di Venezia, mi è successo pure questo. The other side of the wind, l'eterno incompiuto, è stato presentato in anteprima, preceduto dalla cerimonia di premiazione dedicata a Bob Murawski, celebre montatore e coordinatore della squadra che ha permesso di riportare alla luce l'ultima perla del maestro Welles. Il lavoro è stato compiuto su oltre centro ore di riprese, filmate tra il 1970 e il 1976, che alla morte del regista erano state bloccate a causa di conflitti legali.

Il film si presenta come un lavoro estremamente originale, che mescola riprese in bianco e nero compiute da presunti amatori e quelle che invece costituiscono la pellicola che il protagonista sta girando. Personaggio principale è infatti un regista, J.J. “Jake” Hannaford, interpretato da John Houston, ormai sulla via del tramonto, che cerca di tornare in auge con un film estremamente sperimentale ed innovativo.

Stralci della pellicola vengono presentati ad una festa organizzata per i settant'anni del regista, intervallati da cali di corrente e aumenti di tensione. Ogni secondo della festa viene filmato dalle cineprese di giovani ed intraprendenti registi emergenti, invitati nel tentativo di far sentire ad Hannaford l'amore proveniente dai suoi fan e, in un certo senso, discepoli.

Oltre al tramonto di una carriera e alla satira contro una Hollywood che sta cambiando in maniera molto forte, si vede trattato anche il rapporto tra attore e regista, visti qui come uomo e Dio, oltre alla grande tematica dell'estasi creativa, che risiede nel processo e non nel prodotto finito, dato che questo è destinato a non corrispondere mai a ciò che si aveva in mente. Il film che Hannaford cerca di girare, intitolato anch'esso The other side of the wind, non verrà infatti mai completato, per via dei fondi insufficienti e della morte improvvisa del regista.

Un affascinante e terribile gioco di specchi, in cui Welles decide di riflettersi (il rapporto tra Hannaford e il suo delfino Otterlake riprende quello tra Welles e Bogdanovich) e in cui si trova invischiato, forse suo malgrado (il film avrà frequenti pause a causa della scarsità dei fondi, e inoltre il regista morirà prima di averlo terminato). Che ciò sia voluto? Delle voci sostengono che sia stato Welles stesso a domandare a Bogdanovich di terminare la pellicola in caso a lui fosse successo qualcosa.

E la parola è stata mantenuta. E oggi possiamo andare al cinema dicendo: “Vado a vedere un nuovo film di Orson Welles”.

Alessia Rossetto