22/10/2017

Beautiful Things di Giorgio Ferrero

Quattro momenti per una storia: il superfluo e il sovrabbondante che intasano le nostre vite, materialmente e spiritualmente. Dalla materia prima, al trasporto, alla prova degli oggetti, fino ad arrivare al rifiuto e allo smaltimento: Petrolio, Cargo, Metro, Cenere sono i capitoli che scandiscono il tempo del film. Per ognuno un protagonista che, come un marziano, è l’abitante di luoghi geometrici e alieni, in cui esso stesso sembra essere un innesto artificiale, nonostante sia l’unico elemento di naturalezza.

Il tutto esaltato dalla fotografia, del co-regista e D.o.P. Federico Biasin, che sembra volerci catapultare all’interno di quei luoghi lontani, dal nostro corpo e dalla nostra mente, seppur vicini alle nostre vite. Le sezioni sono intervallate da scene domestiche in cui regna la confusione degli oggetti e dei rumori prodotti dagli stessi, a cui ormai siamo abituati e non sentiamo più.

Contrasto tra uditivo e visivo: dal silenzio assoluto, al rumore disturbante; dalla pulizia minimale delle immagini di luoghi apparentemente puri, al disordine snervante che regna dentro le case. Questo film è una presa di coscienza, un invito alla riflessione: siamo danzatori in un mondo che è pieno di musica che non riusciamo ad ascoltare. Siamo diventati “sordi del silenzio” e ascoltatori  seriali e indifferenti del rumore. Siamo ciechi di fronte all’essenzialità e alla naturalezza delle cose che ci offre il mondo e osservatori accurati del superfluo e dell’inutile. Ci lasciamo trascinare da una melodia che stona con il nostro corpo, in un luogo che non ci appartiene ma abitiamo, che con la sua artificialità inquina indomita le nostre vite. Non è un film sull’ecologia, né un processo all’inquinamento, è uno schiaffo mentale, una meditazione filosofica su quello che siamo diventati.

Eugenia Avveduto