25/09/2017

Hannah di Andrea Pallaoro

Uno dei quattro registi italiani in lizza per il Leone d’Oro alla 74° Mostra Internazionale del Cinema di Venezia era l’altoatesino Andrea Pallaoro, con il suo secondo lungometraggio Hannah, produzione internazionale con protagonista una regina del cinema europeo come Charlotte Rampling (insignita per questa interpretazione della Coppa Volpi).

Film drammatico caratterizzato da dialoghi quasi assenti o comunque brevissimi, Hannah racconta la storia di una donna in là con gli anni prigioniera di una vita triste e priva di soddisfazioni, aggravata dal dramma di un marito in carcere. Costretta a lavorare come donna di servizio nelle sontuose case del centro, Hannah ha come unica via di fuga da una realtà opprimente e frustrante la sua più grande passione: è il teatro, occasione per uscire completamente da se stessa che la donna ha modo di esercitare in una piccola compagnia amatoriale.

La trama scarna e la scelta di eliminare quasi del tutto i dialoghi sono elementi che rendono la pellicola indubbiamente pesante. Pallaoro riesce certo nell’obbiettivo di raccontare una storia carica di drammaticità, nel restituire al pubblico il racconto di un sofferto tentativo di fuga da una realtà opprimente, e in questo è sicuramente aiutato da una fuoriclasse come la Rampling, che non smentisce le aspettative per una performance all’altezza di quelle a cui l’attrice inglese ha abituato il pubblico negli anni.

Sul film grava però pesantemente una generale inconsistenza, e nello spettatore sale la sensazione che manchi qualcosa a un film che comunque presenta dei punti forti. Se infatti non possiamo ancora parlare di metateatro, un aspetto positivo dell’opera sono sicuramente le sequenze ambientate nel laboratorio di teatro, nelle quali la regia essenziale di Pallaoro e le superlative doti attoriali della protagonista regalano al pubblico momenti suggestivi come le scene degli esercizi di recitazione, con i quali Hannah scarica la tensione di un’esistenza drammatica.

Tommaso Faoro