15/11/2016

Malaria di Parviz Shahbazi

Due ragazzi innamorati in fuga, un cellulare e zaini in spalle, questo racconta Malaria, il film iraniano di Parviz Shahbazi. Il regista gioca a mescolare i vari dispositivi dell'era tecnologica con il punto di ripresa principale, quello della macchina da presa, tanto che la padronanza delle riprese non appare chiara.
Hanna (Saghar Ghanaat), la ragazza protagonista, è in fuga da un padre violento e oppressivo, ed è diretta a Teheran, luogo in cui ha dato appuntamento a Murry (Saed Soheili), il suo ragazzo. La giovane protagonista, sfrutterà le sue riprese amatoriali, fatte con il proprio cellulare, per inscenare un rapimento e successivamente il suicidio. I dispositivi tecnologici, soprattutto il cellulare, diventano utili per raccontare il viaggio della coppia.
I due vagano per le città, e tra alti e bassi, riusciranno a trovare degli amici: i componenti della band “Malaria”, da cui prende il nome il film. Lo stesso spirito che riempie il furgoncino guidato da Azi, il musicista del gruppo che aiuterà i ragazzi nella fuga, è quello di una generazione vogliosa di cambiare le cose. Dai finestrini del furgoncino azzurro, scorre Teheran, con le sue complessità e le sue contraddizioni.
Nella sequenza dell'albergo, in cui ai due ragazzi viene vietata la stanza poiché sprovvisti della lettera della Polizia Morale, oppure la sequenza in cui Hanna dovrà camuffarsi da uomo per riuscire a cercare un posto dove passare la notte, mettono in evidenza gli ostacoli che una donna ha all'interno della città iraniana. Fra toni comici e insieme drammatici, il regista si sofferma e mette in evidenza una generazione che sta cambiando, che è piena di uno spirito libertario e rivoluzionario ed è in contrasto con la tradizione.

Paola Cosma