02/11/2016

Reparer les vivants (Riparare i viventi)  di Katell Quillévéré

Durante la 73° mostra d’arte cinematografica di Venezia, per la sezione Orizzonti si è potuto assistere alla proiezione di Reparer les vivants del regista Katell Quillévéré. Tratto dal romanzo omonimo di Maylis de Kerangal, il film narra la vicenda non tanto di persone, quanto del cuore di una di esse: un giovane a causa di un incidente vive grazie alle macchine, ma i suoi organi, e il suo cuore in particolare, possono essere donati prima di staccare la spina per ridare speranza ad un altro malato, in questo caso una donna di mezza età.
Nonostante un inizio moraleggiante, in cui la morte derivata dall’incidente a causa della mancanza della cintura di sicurezza potrebbe sembrare uno spot, nel prosieguo il film dimostra molta poeticità. In particolare pare molto riuscito l’uso delle musiche, siano esse moderne o classiche, a seconda della storia di chi le ascolta, e degli effetti audio, fra i quali meritano una menzione speciale il fragore dello schianto e l’ampio suono compatto dell’oceano.
Il viaggio del giovane morto a cui si deve staccar la spina e quindi quello della donna che non sa se sopravvivrà all’operazione, sono seguiti in maniera sentita, anche se in diversi punti il percorso operatorio e psicologico non pare così chiaro nello scorrere del tempo. Proprio come un pesce pagliaccio, che cambia sesso potersi riprodurre in caso di necessità, anche la donna del film decide infine di mettersi in gioco e di provare a tornare a vivere sottoponendosi ad un’operazione che le cambierà il cuore e le innesterà al suo interno anche un pezzetto di qualcun altro. Un cast giovane, ma molto intenso nelle sue interpretazioni, accompagna lo spettatore in questo film che è di malattia, di morte, ma anche di rinascita.

Giulia Tiozzo