12/10/2016

Gaumul di Kim Ki-duk

Presentato nella giornata d’apertura nella sezione Cinema nel giardino, Geumul (The Net) è l’ultima fatica del maestro sudcoreano Kim Ki-duk, il quale, mettendo in luce gli aspetti totalitari e fanatici che permangono nelle due coree, ha voluto chiarire la portata della frattura politica e culturale tra Nord e Sud.
Con il personaggio di Chul-woo, Kim Ki-duk dà un volto e un nome alle estreme conseguenze delle ideologie, elaborandone una raffinata metafora: esattamente come una rete, queste intrappolano l’individuo a prescindere dalla personale adesione. A ogni modo, è un discorso che vale tanto per i compagni del Nord quanto per gli uomini liberi del Sud, indottrinati al medesimo grado: il film è costruito –anche sul piano registico– secondo una logica simmetrica tesa a farci scoprire come questi due paesi, più nel male che nel bene, non siano poi molto diversi.
Il film segue le vicende di Chul Woo (Ryoo Seung Bum), ex agente speciale dell’esercito e pescatore nordcoreano che, dopo un guasto al motore della sua barca, si ritrova per errore nelle acque sudcoreane, fatto assolutamente proibito dai severi accordi tra le due Coree. Chul Woo, scambiato per una spia, attraverserà il duro calvario fatto di interrogatori e pressioni da parte delle autorità sudcoreana. Tuttavia, dopo un giro per la capitale Seoul, conoscerà anche un volto più umano del paese, considerato come il regno del male e della perdizione dalle autorità nordcoreane. Tornato nel suo paese, Chul Woo subirà un trattamento simile a quello riservatogli in Sud Corea.
I metodi coercitivi utilizzati dalle istituzioni –pestaggi, torture psicologiche, ricatti– sono gli stessi al di qua e al di là della frontiera, e se nel Nord il benessere è inferiore, il Sud soffre la sperequazione e la violenza sociale; infine, come nella Repubblica Popolare le masse inneggiano al leader e ai valori della Rivoluzione, così nella Repubblica di Corea i funzionari sono pervasi da un vuoto patriottismo e senso di superiorità. Di fatto, quale che sia l’ideale professato entrambe le parti sono nel torto, e a maggior ragione quella che dichiara di difendere la libertà e la democrazia presentandosi come antitesi della dittatura.
Il vero emblema del pericolo della radicalizzazione è rappresentato però dalla figlioletta di Chul-wool, la quale, nella scena finale, lascerà da parte l’orsacchiotto nuovo portatole dalla Corea del Sud preferendo il suo vecchio, lacero peluche: un atto che dimostra come sia facile asservire le menti nell’età in cui esse sono più malleabili.
Con grande onestà intellettuale, il regista ci porta in tal modo a riflettere sulla discrepanza esistente tra fatto e valore nelle nostre società, esortandoci a guardare sempre con prudenza alle utopie: quando un’idea è stata inculcata, è impossibile tornare indietro.

Tommaso Faoro