12/10/2016

THE JOURNEY di Nick Hamm

L’Irlanda è lo scenario del nuovo lungometraggio dell’inglese Nick Hamm che con il suo The Journey, presentato fuori concorso alla 73° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, fa ritorno al Lido. L’intento è quello di mostrare non un territorio e la sua geografia, ma l’indole e le scelte di chi questa terra la governa.
Così Hamm si rifà ai conflitti e alle tensioni che per anni hanno vessato il territorio e la sua gente, raccontando un viaggio, ‘quel’ viaggio, che ha portato due leader politici a giungere finalmente ad un confronto. Colm Meaney e Timothy Spall vestono i panni, rispettivamente, di Martin McGuinness e Ian Paisley, l’uno combattente dell’IRA l’altro convinto predicatore protestante. Due uomini che dopo anni di lotte, come la storia insegna, sono giunti ad un compromesso: la pace.
Ed è da qui che nasce l’idea di raccontare questo lento percorso che trova il uso apice nel viaggio in macchina che i due protagonisti sono costretti a fare. Il regista inglese si serve di questo espediente per ri-costruire, lasciando spazio all’immaginazione e all’inventiva, quella lunga conversazione tra due leader politici che diventano, davanti allo spettatore, due uomini come molti altri. Due estranei ignoratisi per trent’anni, iniziano il loro percorso, senza sapere quale fosse la reale meta d’arrivo. Ed è proprio questo percorso che li mostra nella loro intimità e interezza, nel loro attaccamento ai principi, ma anche nel modo in cui questi possono essere mutati, nel loro essere maestri ma anche discepoli, nella loro umanità.
Una pellicola resa unica e irripetibile, non solo dalla struttura narrativa, ma anche dal duo attoriale Meaney-Spall, vera essenza del film. Le personalità brillanti dei due protagonisti sono la benzina narrativa necessaria per far procedere una storia basata sul viaggio all’interno di una macchina nel quale sono presenti due acerrimi nemici. I discorsi e le situazioni, anche bizzarre, in cui i due si ritrovano sono l’impalcatura necessaria a non annoiare mai lo spettatore, che per 94 minuti è seduto frontalmente ai due protagonisti, ascoltando i loro dialoghi, senza avere possibilità d’intervento.
Non solo un film, dunque, ma molto di più. Una lezione di vita per tutti quegli uomini che si ergono condottieri di un popolo e che spesso non comprendono che intraprendere un percorso più difficile, ma più duraturo, può essere la chiave della serenità. “Il problema è capirsi” scriveva Italo Calvino. McGuinness e Paisley lo hanno fatto. Molti altri politici, no. Ai posteri l’ardua sentenza.

Giulia Sterrantino